CARAVAGGIO 2025: INGAGLIARDIRE GLI OSCURI
© Photo by Massimo Gaudio
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Sala Ingagliardire gli oscuri |
La seconda sala del percorso espositivo della mostra si intitola INGAGLIARDIRE GLI OSCURI, che deriva da una descrizione di Giovanni Pietro Bellori su Caravaggio tratta da Le vite de' pittori scultori e architetti moderni del 1672, frase che campeggia su un pannello che posto prima di entrare nella sala che recita:
"Ma il Caravaggio, che così egli già veniva da tutti col nome della patria chiamato,
facevasi ogni giorno più noto per lo colorito ch'egli andava introducendo,
non come prima dolce e con poche tinte, ma tutto risentito di oscuri gagliardi,
servendosi assai del nero per dar rilievo alli corpi"
Delle molte notizie giunte da fonti archivistiche e a stampa, la produzione ritrattistica di Caravaggio dovette essere piuttosto nutrita, purtroppo di tutte le sue opere è giunto a noi molto poco. Uno di questi è il ritratto di Maffeo Barberini presente in sala. Merisi durante il suo periodo artistico è riuscito a dare l'immortalità a molti modelli appartenenti a un ceto sociale basso, utilizzandoli anche per motivi a tema religioso. Una delle modelle utilizzate per svariati dipinti, è forse identificabile con la bellissima cortigiana Fillide Melandroni, che ritroviamo nei panni di Giuditta, Maria Maddalena e di Santa Caterina d'Alessandria. Secondo Allori, riferendosi alla Santa Caterina, da questo dipinto ha preso avvio l'ingagliardire gli oscuri.
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Michelangelo Merisi detto CARAVAGGIO, Giuditta decapita Oloferne (1599-1600 ca) Olio su tela, 145 x 195 cm, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma |
Se possiamo ammirare un'opera così straordinaria, lo dobbiamo in primo luogo a Caravaggio e poi al ricco banchiere ligure Ottaviano Costa che gliela commissionò. Egli era talmente affezionato a quest'opera che nel testamento inserì il vincolo di inalienabilità.
L'intensità della scena si svolge di notte, una giovane e ricca vedova ebrea di nome Giuditta, taglia la testa a un generale di Nabucodonosor re degli Assiri di nome Oloferne che assediava la sua città. Lei sicuramente bella, ha uno sguardo impassibile mentre compie l'atto, invece lui rimane lì inerme senza poter fare nulla. Da notare il terrore puro che traspare dal viso e dallo sguardo. Altra figura non meno importante, è quella della vecchia serva di Giuditta che tiene tra le mani un drappo che dovrà contenere la testa di Oloferne da portare con sé nella propria città come incoraggiamento nel combattere il nemico.
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Michelangelo Merisi detto CARAVAGGIO, Marta e Maria Maddalena (1598-1599 ca) Olio su tela, 100 x 134,5 cm, Detroit Insitute of Art, Detroit, Michigan |
L'opera è stata realizzata nel periodo in cui era ospite del cardinale Francesco Maria Del Monte e probabilmente commissionata da Olimpia Aldobrandini. La donna che impersona Maria Maddalena è Fillide Melandroni, frequentatrice del palazzo del cardinale e forse anche amante di Caravaggio.
Nella scena si vede sulla sinistra Marta con il volto leggermente in ombra e poggiata con il gomito sul tavolo, mentre cerca in modo severo di riportare sulla retta via la sorella dedita a una vita di peccato e sregolatezza. Maria è rappresentata nel momento della conversione attraverso i simboli matrimoniali come il fiore d'arancio che rotea tra le dita e l'anello d'oro che indossa sulla mano sinistra che poggia su uno specchio convesso simbolo di vanità.
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Michelangelo Merisi detto CARAVAGGIO, Santa Caterina d'Alessandria (1598-1599) Olio su tela, 173 x 133 cm, Museo Nacional Tyssen-Bornemisza, Madrid |
Questo dipinto ha segnato, secondo Giovanni Pietro Bellori, il momento in cui Caravaggio iniziò a dipingere utilizzando uno sfondo scuro per mettere in risalto le figure rappresentate. La tecnica si perfeziona successivamente con le tele presenti nella cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. Anche quest'opera fu realizzata su commissione del cardinale Del Monte mentre l'artista era ospite del prelato a Palazzo Madama. Come per i Bari e Suonatore di liuto, anche questa opera venne acquistata da Antonio Barberini per la sua collezione.
La modella pare sia sempre la stessa, ovvero la cortigiana di origini senesi Fillide Melandroni, vestita con abiti lussuosi su un cuscino damascato rosso dove poggia sia la palma del martirio che la spada insanguinata che la santa tiene tra le mani utilizzata per la sua decapitazione. Pare che Caravaggio fosse presente durante il supplizio di Beatrice Cenci nel 1599 e proprio da quell'evento prese spunto per l'inserimento della ruota dentata però spezzata, seguendo la leggenda secondo la quale la ruota della tortura si ruppe poco prima del suo utilizzo.
Michelangelo Merisi detto CARAVAGGIO, Ritratto di Maffeo Barberini (1598-1599 ca) Olio su tela, 124 x 90 cm, Collezione privata |
Nel periodo di soggiorno a Roma, Caravaggio ha eseguito molti ritratti particolarmente richiesti dalla Curia e dagli amici, ritratti che per la maggiore sono andati persi o distrutti. Questa continua richiesta di ritratti, ha portato Caravaggio ad affinare la tecnica per velocizzare il ritratto in presenza, il che però lo ha portato a una loro realizzazione "senza similitudine" ovvero senza l'obbligo della accurata somiglianza, anche se di splendida raffinatezza.
Merisi per la realizzazione di questo ritratto, ha inserito l'ecclesiastico ripreso di tre quarti seduto su una poltrona posta di sbieco all'interno di uno sfondo scuro e illuminato da un fascio di luce. Analizzando meglio la scena, sono ridotti al minimo gli attributi che ne descrivono il ruolo: L'abito talare completo di berretta, la poltrona, il rotolo di documento a essa poggiati e la lettera che stringe nella mano sinistra. È a questo punto che entra in gioco il genio di Caravaggio, che rende vivo il ritratto mostrando Maffeo mentre guarda fuori dalla scena con la bocca appena aperta e con l'indice della mano destra che, anche se fermo, sembra muoversi come se si rivolgesse a qualcuno presente in quella istantanea ma solo come spettatore. Solo il rotolo di documenti chiuso da un cordone aiuta a capire meglio l'identificazione del personaggio.
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Michelangelo Merisi detto CARAVAGGIO, Ritratto di monsignor Maffeo Barberini come protonotario apostolico (1595 ca) attr., Olio su tela, 122 x 95 cm, Collezione privata, Firenze |
Il dipinto, la cui attribuzione a Caravaggio è da sempre motivo di discussione tra gli studiosi, arriva direttamente dalla collezione Barberini.
Un giovane Merisi ritrae nella tela l'altrettanto giovane Maffeo Barberini agli inizi della sua promettente carriera ecclesiastica. Il dipinto venne eseguito poco dopo il 1593, anno in cui il giovane prelato ottenne la carica di protonotario apostolico. Indossa, infatti, l'abito dei prelati di mantelletta, cosiddetti per la veste scura foderata di rosso portata sul rocchetto bianco. L'immagine acquisisce un carattere informale grazie ai libri presenti sul tavolo e alla caraffa con i fiori, un augurio rivelatosi fortunato.
Vi ringrazio.
Arrivederci al prossimo articolo.
Massimo
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