Andrea Mantegna e la "Camera degli Sposi"
Recensione del Giallo Storico "Le Righe Nere della Vendetta" di Tiziana Silvestrin e un approfondimento di alcune opere d'arte citate dall'autrice
A cura di Manuela Moschin
Incuriosita dalle svariate e ottime recensioni pubblicate nel web relative al giallo storico "Le righe nere della vendetta" di Tiziana Silvestrin, mi sono immersa in questa piacevole lettura.
Ho apprezzato enormemente questo libro edito dalla Casa Editrice Scrittura e Scritture.
Tiziana ha avuto l'abilità di farmi immedesimare nei personaggi, tra l'altro ben caratterizzati, dandomi la sensazione di far parte del racconto. Ne è un esempio il protagonista, e precisamente il capitano Biagio dell'Orso, una figura dotata di un grande senso di giustizia. Egli è stato chiamato a indagare sulla morte di Oreste Vannocci, ossia di un architetto ritrovato privo di vita accanto a un disegno riguardante la pianta di una chiesa. Una serie di enigmi e di intrighi, dunque, hanno reso la lettura stuzzicante e coinvolgente.
Racconta l'autrice:"Un foglio era finito accanto a una delle gambe del tavolo, proprio davanti al corpo del Vannocci. Il capitano di giustizia lo raccolse e vide che vi era disegnata la pianta di un edificio, probabilmente una chiesa, sulla quale l'architetto, prima di morire, aveva tracciato con le dita delle righe nere."
Oltre a ciò, la trama è accattivante e molto originale. Essa si dipana nella corte dei Gonzaga di Mantova tra misteri e intrallazzi, attraverso riferimenti storici ben documentati. Si nota, infatti, una grande preparazione storico-artistica da parte della scrittrice.
Per il blog "L'arte raccontata nei libri" rappresenta un tesoro letterario perché l'arte si configura come una preziosa cornice del racconto. Sullo sfondo di una splendida scenografia mantovana, arricchita da un museo a cielo aperto, la città emerge in tutta la sua bellezza. La narrazione, infatti, essendo ambientata in luoghi prestigiosi, quali il Palazzo Ducale, il Palazzo Te e la Rotonda di San Lorenzo, è allettante sotto il profilo artistico.
La scrittrice, profonda conoscitrice della storia della sua città, accompagna il lettore, svelando a poco a poco curiosità e aneddoti piuttosto interessanti. E' stimolante, per chi come me adora l'arte e la storia, entrare in contatto con le grandi figure del passato come lo furono Federico Gonzaga, Giulio Romano, Marcantonio Raimondi, Pietro Aretino, Tiziano, Raffaello, Andrea Mantegna, Leonardo Da Vinci e molti altri. Perciò, pittori, personaggi storici e letterari realmente esistiti, assieme agli intrighi di corte, mi hanno tenuta con il fiato sospeso dall'inizio alla fine del romanzo.
Il momento storico trattato dall'autrice si alterna magistralmente attraverso un salto temporale che si verifica in due periodi precisi. Nel 1524 quando Giulio Romano e Marcantonio Raimondi si trovano coinvolti in una strana vicenda a causa di un'opera denominata "I Modi" (troverete nel presente articolo un approfondimento che la riguarda) e nel 1585 tra le corti di Mantova e Firenze.
A cura di Manuela Moschin
Incuriosita dalle svariate e ottime recensioni pubblicate nel web relative al giallo storico "Le righe nere della vendetta" di Tiziana Silvestrin, mi sono immersa in questa piacevole lettura.
Ho apprezzato enormemente questo libro edito dalla Casa Editrice Scrittura e Scritture.
Tiziana ha avuto l'abilità di farmi immedesimare nei personaggi, tra l'altro ben caratterizzati, dandomi la sensazione di far parte del racconto. Ne è un esempio il protagonista, e precisamente il capitano Biagio dell'Orso, una figura dotata di un grande senso di giustizia. Egli è stato chiamato a indagare sulla morte di Oreste Vannocci, ossia di un architetto ritrovato privo di vita accanto a un disegno riguardante la pianta di una chiesa. Una serie di enigmi e di intrighi, dunque, hanno reso la lettura stuzzicante e coinvolgente.
Tiziana ha avuto l'abilità di farmi immedesimare nei personaggi, tra l'altro ben caratterizzati, dandomi la sensazione di far parte del racconto. Ne è un esempio il protagonista, e precisamente il capitano Biagio dell'Orso, una figura dotata di un grande senso di giustizia. Egli è stato chiamato a indagare sulla morte di Oreste Vannocci, ossia di un architetto ritrovato privo di vita accanto a un disegno riguardante la pianta di una chiesa. Una serie di enigmi e di intrighi, dunque, hanno reso la lettura stuzzicante e coinvolgente.
Racconta l'autrice:"Un foglio era finito accanto a una delle gambe del tavolo, proprio davanti al corpo del Vannocci. Il capitano di giustizia lo raccolse e vide che vi era disegnata la pianta di un edificio, probabilmente una chiesa, sulla quale l'architetto, prima di morire, aveva tracciato con le dita delle righe nere."Oltre a ciò, la trama è accattivante e molto originale. Essa si dipana nella corte dei Gonzaga di Mantova tra misteri e intrallazzi, attraverso riferimenti storici ben documentati. Si nota, infatti, una grande preparazione storico-artistica da parte della scrittrice.
Per il blog "L'arte raccontata nei libri" rappresenta un tesoro letterario perché l'arte si configura come una preziosa cornice del racconto. Sullo sfondo di una splendida scenografia mantovana, arricchita da un museo a cielo aperto, la città emerge in tutta la sua bellezza. La narrazione, infatti, essendo ambientata in luoghi prestigiosi, quali il Palazzo Ducale, il Palazzo Te e la Rotonda di San Lorenzo, è allettante sotto il profilo artistico.
La scrittrice, profonda conoscitrice della storia della sua città, accompagna il lettore, svelando a poco a poco curiosità e aneddoti piuttosto interessanti. E' stimolante, per chi come me adora l'arte e la storia, entrare in contatto con le grandi figure del passato come lo furono Federico Gonzaga, Giulio Romano, Marcantonio Raimondi, Pietro Aretino, Tiziano, Raffaello, Andrea Mantegna, Leonardo Da Vinci e molti altri. Perciò, pittori, personaggi storici e letterari realmente esistiti, assieme agli intrighi di corte, mi hanno tenuta con il fiato sospeso dall'inizio alla fine del romanzo.
Il momento storico trattato dall'autrice si alterna magistralmente attraverso un salto temporale che si verifica in due periodi precisi. Nel 1524 quando Giulio Romano e Marcantonio Raimondi si trovano coinvolti in una strana vicenda a causa di un'opera denominata "I Modi" (troverete nel presente articolo un approfondimento che la riguarda) e nel 1585 tra le corti di Mantova e Firenze.
L'Oculo della "Camera degli Sposi" a Mantova di Andrea Mantegna (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna "Camera degli Sposi" Oculo (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Scrive l'autrice: "Guardando i soffitti, perlustrò il castello finchè, entrato nell'ultima stanza di un torrione, vide la famiglia Gonzaga riunita assieme ai figli e ad alcuni funzionari affrescata sulla parete di fondo. Fece qualche passo e alzò lo sguardo verso l'oculo che, al centro della sala, mostrava il cielo. Dall'oculo sbirciavano curiosi alcune ragazze sorridenti, mentre un uomo di colore, con la testa coperta da un turbante, conversava con una dama dall'elaborata acconciatura. Un pavone se ne stava tranquillamente appollaiato sul bordo e alcuni putti giocavano tra i cerchi incatenati della balconata. Quello realizzato dal Mantegna al centro della Camera Picta era lo scorcio più famoso mai dipinto fino ad allora."
Il 16 giugno 1465 Andrea Mantegna (1431-1506) scrisse a finto graffito la data di inizio dei lavori della Camera degli Sposi o "Camera Picta" come viene citata dai documenti. Egli vi dipinse un ciclo di affreschi tra il 1465 e il 1474 per il Marchese Ludovico II Gonzaga al fine di celebrare la dinastia della sua famiglia. La stanza, quasi cubica, è coperta da una volta a vela ed è situata nel torrione Nord di Castel San Giorgio a Mantova. La volta è costituita da un motivo decorativo a finto mosaico dorato, dove al centro si staglia una piccola apertura di forma circolare considerata la più complessa creazione prospettica del Quattrocento italiano.
Alzando lo sguardo, verso il soffitto della stanza, si rimane ammagliati dal prezioso oculo, che si apre direttamente sul cielo azzurro, cosparso di nuvole vaporose, dalle quali si scorge un volto umano probabile autoritratto dell'artista.
Dal parapetto traforato, anch'esso dipinto in prospettiva e incorniciato da una ghirlanda di fiori e frutti, compaiono alcune figure cariche di significato simbolico. Putti alati, quasi scultorei, si affacciano curiosi dalla ringhiera, sporgendo il capo verso il basso, per assistere alla scena infilandosi negli anelli o reggendosi sulla cornice.
I simpatici amorini alludono al governo e al potere. Da cosa lo si deduce? Perché ognuno di loro possiede un attributo che li rende tale: una canna di bambù, una mela e una coroncina di alloro come richiamo allo scettro, alla corona e al globo. E non è finita qui, perché quelli dotati di ali di farfalla simboleggiano l'immortalità di Ludovico e Barbara nella memoria degli uomini, mentre gli altri putti alati alludono all'immortalità del potere legittimo della dinastia.
Sono presenti, inoltre, una pianta di arancio e un pavone, conosciuto come l'animale sacro a Giunone, che nella mitologia romana era la divinità del matrimonio e del parto.
Alcune dame di corte troneggiano dalla balaustra: da una parte vi sono tre donne con il capo scoperto, due di loro hanno i capelli acconciati mentre una sola, che sta tenendo in mano un pettine, ha la chioma sciolta come simbolo della seduzione. Dall'altro lato ci sono due figure, una nobile con il capo coperto da un velo bianco, un chiaro riferimento a una donna sposata e un personaggio con un turbante a righe la cui identità risulta ancora incerta.
Nell'insieme si tratta di un capolavoro caratterizzato da un raffinato virtuosismo prospettico, che Mantegna ottiene mediante l'uso di scorci vertiginosi. Ho una particolare predilezione per quest'opera, che tra l'altro ho avuto la fortuna di ammirare dal vivo e di fotografare.
Si tratta di un affresco che si contraddistingue per la particolare capacità dell'artista di riprodurre uno sfondamento illusionistico, fortemente realistico.
Andrea Mantegna aveva una grande passione per la scultura classica, egli ne possedeva addirittura una collezione. Per realizzare i suoi dipinti utilizzava busti antichi creando effetti plastici e illusionistici. L'artista scoprì lo scorcio applicato alle anatomie inserendo richiami anticheggianti e particolari geologici naturalistici. Si formò nella bottega padovana di Francesco Squarcione (1397-1468) un eccellente maestro di costruzione prospettica, dal quale maturò anche il gusto per l'archeologia. Fondamentale per Mantegna fu anche l'incontro a Padova con Donatello, che gli tramandò le tecniche di applicazione della prospettiva. La sua arte può essere definita un classicismo archeologico. Essendo molto interessato alla geologia, studiava le pietre e poi le rappresentava.
Le sue opere sono pervase da un sentimento nuovo per la natura, che pervade ogni dettaglio e da un'attenta fisionomia dei personaggi.
Anche Roberto Longhi nel suo volume "Breve ma veridica storia della pittura italiana" si sofferma sulla Camera degli Sposi" dicendo: "Anche più tardi nella Famiglia Gonzaga frescata nella Camera degli Sposi nel Palazzo Mantova, sebbene Mantegna acquisti maggior larghezza pittorica per essersi ispirato alla corrente prospettica... , non riesce a liberarsi dalla sua innata tendenza all'immaginar le cose di marmo come potrete vedere nel particolare della volta della stessa sala, finta a celo aperto, e dove i putti scorciati sulla cornice sono più che dipinti, scolpiti."
L'affresco richiama la tipologia degli edifici classici romani come il Pantheon, l'edificio della Roma antica dedicato alle divinità. Nei medaglioni sono stati rappresentati i primi otto imperatori romani
Giulio Cesare, Ottaviano, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, Galba, Otone. Nei sottostanti pennacchi, invece, spiccano alcune scene mitologiche di Orfeo, Ercole e Arione, dall'evidente intento celebrativo. Esse sono accomunate dal significato d'immortalità che può essere raggiunta tramite la "virtus" e la protezione delle arti. Per quanto riguarda il colore, la Camera degli Sposi è il risultato degli studi derivanti da Donatello, Filippo Lippi, Andrea del Castagno, oltre all'esperienza della pittura fiamminga e dall'assimilazione dell'illuminismo di Piero della Francesca.
I materiali usati per l'esecuzione sono degli oli siccativi, di lino e di noce, poi l'azzurrite come pigmento e le foglie d'oro.
E' curioso sapere che il 25 maggio 1475 con l'intento di organizzare il suo arrivo a Mantova, Ludovico scrisse una lettera alla moglie Barbara chiedendole di:"... apparechiare per nui in la Camera Dipincta, dove staremo per più vostra e nostra commoditate, facendo pur anche mettere in ordine quell'altra de capo de la sala pur de sopra, a ciò possiamo a le volte andare da l'una a l'altra".
Vi informo che l'articolo non finisce qui ma prosegue dopo le seguenti immagini.
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna Dettaglio "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova
Andrea Mantegna "Camera degli Sposi" Oculo (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Scrive l'autrice: "Guardando i soffitti, perlustrò il castello finchè, entrato nell'ultima stanza di un torrione, vide la famiglia Gonzaga riunita assieme ai figli e ad alcuni funzionari affrescata sulla parete di fondo. Fece qualche passo e alzò lo sguardo verso l'oculo che, al centro della sala, mostrava il cielo. Dall'oculo sbirciavano curiosi alcune ragazze sorridenti, mentre un uomo di colore, con la testa coperta da un turbante, conversava con una dama dall'elaborata acconciatura. Un pavone se ne stava tranquillamente appollaiato sul bordo e alcuni putti giocavano tra i cerchi incatenati della balconata. Quello realizzato dal Mantegna al centro della Camera Picta era lo scorcio più famoso mai dipinto fino ad allora."
Il 16 giugno 1465 Andrea Mantegna (1431-1506) scrisse a finto graffito la data di inizio dei lavori della Camera degli Sposi o "Camera Picta" come viene citata dai documenti. Egli vi dipinse un ciclo di affreschi tra il 1465 e il 1474 per il Marchese Ludovico II Gonzaga al fine di celebrare la dinastia della sua famiglia. La stanza, quasi cubica, è coperta da una volta a vela ed è situata nel torrione Nord di Castel San Giorgio a Mantova. La volta è costituita da un motivo decorativo a finto mosaico dorato, dove al centro si staglia una piccola apertura di forma circolare considerata la più complessa creazione prospettica del Quattrocento italiano.
Alzando lo sguardo, verso il soffitto della stanza, si rimane ammagliati dal prezioso oculo, che si apre direttamente sul cielo azzurro, cosparso di nuvole vaporose, dalle quali si scorge un volto umano probabile autoritratto dell'artista.
Dal parapetto traforato, anch'esso dipinto in prospettiva e incorniciato da una ghirlanda di fiori e frutti, compaiono alcune figure cariche di significato simbolico. Putti alati, quasi scultorei, si affacciano curiosi dalla ringhiera, sporgendo il capo verso il basso, per assistere alla scena infilandosi negli anelli o reggendosi sulla cornice.
I simpatici amorini alludono al governo e al potere. Da cosa lo si deduce? Perché ognuno di loro possiede un attributo che li rende tale: una canna di bambù, una mela e una coroncina di alloro come richiamo allo scettro, alla corona e al globo. E non è finita qui, perché quelli dotati di ali di farfalla simboleggiano l'immortalità di Ludovico e Barbara nella memoria degli uomini, mentre gli altri putti alati alludono all'immortalità del potere legittimo della dinastia.
Sono presenti, inoltre, una pianta di arancio e un pavone, conosciuto come l'animale sacro a Giunone, che nella mitologia romana era la divinità del matrimonio e del parto.
Alcune dame di corte troneggiano dalla balaustra: da una parte vi sono tre donne con il capo scoperto, due di loro hanno i capelli acconciati mentre una sola, che sta tenendo in mano un pettine, ha la chioma sciolta come simbolo della seduzione. Dall'altro lato ci sono due figure, una nobile con il capo coperto da un velo bianco, un chiaro riferimento a una donna sposata e un personaggio con un turbante a righe la cui identità risulta ancora incerta.
Nell'insieme si tratta di un capolavoro caratterizzato da un raffinato virtuosismo prospettico, che Mantegna ottiene mediante l'uso di scorci vertiginosi. Ho una particolare predilezione per quest'opera, che tra l'altro ho avuto la fortuna di ammirare dal vivo e di fotografare.
Si tratta di un affresco che si contraddistingue per la particolare capacità dell'artista di riprodurre uno sfondamento illusionistico, fortemente realistico.
Andrea Mantegna aveva una grande passione per la scultura classica, egli ne possedeva addirittura una collezione. Per realizzare i suoi dipinti utilizzava busti antichi creando effetti plastici e illusionistici. L'artista scoprì lo scorcio applicato alle anatomie inserendo richiami anticheggianti e particolari geologici naturalistici. Si formò nella bottega padovana di Francesco Squarcione (1397-1468) un eccellente maestro di costruzione prospettica, dal quale maturò anche il gusto per l'archeologia. Fondamentale per Mantegna fu anche l'incontro a Padova con Donatello, che gli tramandò le tecniche di applicazione della prospettiva. La sua arte può essere definita un classicismo archeologico. Essendo molto interessato alla geologia, studiava le pietre e poi le rappresentava.
Le sue opere sono pervase da un sentimento nuovo per la natura, che pervade ogni dettaglio e da un'attenta fisionomia dei personaggi.
Anche Roberto Longhi nel suo volume "Breve ma veridica storia della pittura italiana" si sofferma sulla Camera degli Sposi" dicendo: "Anche più tardi nella Famiglia Gonzaga frescata nella Camera degli Sposi nel Palazzo Mantova, sebbene Mantegna acquisti maggior larghezza pittorica per essersi ispirato alla corrente prospettica... , non riesce a liberarsi dalla sua innata tendenza all'immaginar le cose di marmo come potrete vedere nel particolare della volta della stessa sala, finta a celo aperto, e dove i putti scorciati sulla cornice sono più che dipinti, scolpiti."
L'affresco richiama la tipologia degli edifici classici romani come il Pantheon, l'edificio della Roma antica dedicato alle divinità. Nei medaglioni sono stati rappresentati i primi otto imperatori romani
Giulio Cesare, Ottaviano, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, Galba, Otone. Nei sottostanti pennacchi, invece, spiccano alcune scene mitologiche di Orfeo, Ercole e Arione, dall'evidente intento celebrativo. Esse sono accomunate dal significato d'immortalità che può essere raggiunta tramite la "virtus" e la protezione delle arti. Per quanto riguarda il colore, la Camera degli Sposi è il risultato degli studi derivanti da Donatello, Filippo Lippi, Andrea del Castagno, oltre all'esperienza della pittura fiamminga e dall'assimilazione dell'illuminismo di Piero della Francesca.
I materiali usati per l'esecuzione sono degli oli siccativi, di lino e di noce, poi l'azzurrite come pigmento e le foglie d'oro.
E' curioso sapere che il 25 maggio 1475 con l'intento di organizzare il suo arrivo a Mantova, Ludovico scrisse una lettera alla moglie Barbara chiedendole di:"... apparechiare per nui in la Camera Dipincta, dove staremo per più vostra e nostra commoditate, facendo pur anche mettere in ordine quell'altra de capo de la sala pur de sopra, a ciò possiamo a le volte andare da l'una a l'altra".
Vi informo che l'articolo non finisce qui ma prosegue dopo le seguenti immagini.
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Andrea Mantegna Dettaglio "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Andrea Mantegna Dettaglio Oculo "Camera degli Sposi" (1465-1474) Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio - Mantova |
Marcantonio Raimondi (1480 ca. - 1534) e le incisioni intitolate "I Modi" (oppure "Le 16 posizioni")
Marcantonio Raimondi "I Modi" frammenti appartenenti alla seconda edizione del 1527 British Museum Londra
Scrive Tiziana Silvestrin: "Nel caso di Giulio e Marcantonio Raimondi la denuncia invece era vera ed era firmata proprio da loro, il libro de "I Modi" portava il loro nomi..." "Il libro era decisamente osceno..."
"Il pontefice l'aveva presa proprio male la pubblicazione de "I Modi". Quando gli avevano messo di fronte il libretto, Clemente VII era impallidito per la rabbia. Aveva aperto a caso tre pagine e poi a labbra strette aveva decretato l'arresto del pittore e dell'incisore".
"I modi" (o Le 16 posizioni) è un libro contenente una raccolta di incisioni erotiche pubblicate nel 1524 e realizzate dall'incisore Marcantonio Raimondi. Papa Clemente VII, scandalizzato dalle opere, oltre ad arrestare Raimondi, le fece anche bruciare. Tutto ebbe inizio dal pittore Giulio Romano che dipinse una sorta di Kamasutra, realizzando una serie di opere dotate di uno stile classico greco-romano per Federico II Gonzaga, al fine di decorare il Palazzo Te a Mantova. Raimondi, attratto dai disegni di Giulio Romano, oggi perduti, realizzò le celebri incisioni.
Nel 1527 il libro "I Modi" di Raimondi venne pubblicato nuovamente. Oggi possiamo ammirare un frammento conservato al British Museum a Londra come si evince dall'immagine.
Pietro Aretino attratto dalle incisioni scrisse sedici "Sonetti lussuriosi" 1526-1527ca. che Marcantonio contraccambiò con questo ritratto.
Marcantonio Raimondi (1482 ca.-1534 ca.) "Ritratto di Pietro Aretino" 1520-1525 ca. tecnica bulino - mm. 150x188
Marcantonio Raimondi "I Modi" frammenti appartenenti alla seconda edizione del 1527 British Museum Londra |
Scrive Tiziana Silvestrin: "Nel caso di Giulio e Marcantonio Raimondi la denuncia invece era vera ed era firmata proprio da loro, il libro de "I Modi" portava il loro nomi..." "Il libro era decisamente osceno...""Il pontefice l'aveva presa proprio male la pubblicazione de "I Modi". Quando gli avevano messo di fronte il libretto, Clemente VII era impallidito per la rabbia. Aveva aperto a caso tre pagine e poi a labbra strette aveva decretato l'arresto del pittore e dell'incisore".
"I modi" (o Le 16 posizioni) è un libro contenente una raccolta di incisioni erotiche pubblicate nel 1524 e realizzate dall'incisore Marcantonio Raimondi. Papa Clemente VII, scandalizzato dalle opere, oltre ad arrestare Raimondi, le fece anche bruciare. Tutto ebbe inizio dal pittore Giulio Romano che dipinse una sorta di Kamasutra, realizzando una serie di opere dotate di uno stile classico greco-romano per Federico II Gonzaga, al fine di decorare il Palazzo Te a Mantova. Raimondi, attratto dai disegni di Giulio Romano, oggi perduti, realizzò le celebri incisioni.
Nel 1527 il libro "I Modi" di Raimondi venne pubblicato nuovamente. Oggi possiamo ammirare un frammento conservato al British Museum a Londra come si evince dall'immagine.
Pietro Aretino attratto dalle incisioni scrisse sedici "Sonetti lussuriosi" 1526-1527ca. che Marcantonio contraccambiò con questo ritratto.
Marcantonio Raimondi (1482 ca.-1534 ca.) "Ritratto di Pietro Aretino" 1520-1525 ca. tecnica bulino - mm. 150x188 |
Sinossi del giallo storico "Le Righe Nere della Vendetta" di Tiziana Silvestrin
Mantova 1585. Alla corte dei Gonzaga una torrida estate porta con sé aria di morte e di oscure superstizioni.
Biagio dell'Orso, affascinante capitano di giustizia, viene svegliato a notte fonda: l'architetto Vannocci è stato assassinato nel suo studio; sul pavimento, in mezzo ai colori, il disegno di una pianta rigata col nero.
Intanto, in città si aggirano le cappe nere dei domenicani: l'inquisitore Giulio Doffi sta aspettando il momento opportuno per condannare senza processo una giovane strega.
Biagio dell'Orso, sebbene molto stimato a corte, non è ben visto dalla Santa Inquisizione. Non ama le prepotenze né i compromessi, ma la sua irruenza viene tenuta costantemente a freno da Marcello Donati, prudente consigliere ducale.
La morte dell'architetto fa riaffiorare il passato del famoso pittore di corte Giulio Romano, portando il capitano ad indagare anche nella Firenze medicea e nella Venezia della sua amata Rosa.
Cercare di salvare un'innocente dal rogo, invece, lo costringerà a scomode scelte.
Complimenti Tiziana!
Arrivederci in arte
Grazie Manuela
per acquistare il libro
Mantova 1585. Alla corte dei Gonzaga una torrida estate porta con sé aria di morte e di oscure superstizioni.
Biagio dell'Orso, affascinante capitano di giustizia, viene svegliato a notte fonda: l'architetto Vannocci è stato assassinato nel suo studio; sul pavimento, in mezzo ai colori, il disegno di una pianta rigata col nero.
Intanto, in città si aggirano le cappe nere dei domenicani: l'inquisitore Giulio Doffi sta aspettando il momento opportuno per condannare senza processo una giovane strega.
Biagio dell'Orso, sebbene molto stimato a corte, non è ben visto dalla Santa Inquisizione. Non ama le prepotenze né i compromessi, ma la sua irruenza viene tenuta costantemente a freno da Marcello Donati, prudente consigliere ducale.
La morte dell'architetto fa riaffiorare il passato del famoso pittore di corte Giulio Romano, portando il capitano ad indagare anche nella Firenze medicea e nella Venezia della sua amata Rosa.
Cercare di salvare un'innocente dal rogo, invece, lo costringerà a scomode scelte.
Complimenti Tiziana!
Arrivederci in arte
Grazie Manuela
Complimenti Tiziana!
Arrivederci in arte
Grazie Manuela
per acquistare il libro
Commenti
Posta un commento